Nella Repubblica del Sudan del Sud si consuma una crisi umanitaria di cui a stento si parla.
Secondo l’Onu, circa 500 mila persone hanno lasciato la propria abitazione, come questi bambini.
Fanno parte dei 17 mila profughi che hanno trovato rifugio nel campo delle Nazioni Unite di Tomping a Juba.
Ci sono solo tre pozzi-punti d’acqua potabile, da cui si possono riempire due secchi alla volta.
Le condizioni igieniche sono deplorabili; un ruscello funge da toilette pubblica per tutti gli ospiti del campo. Cosa che non è sufficiente a bloccare i bambini che ci sguazzano gioiosi.
Per cercare di disinnescare quest’ordigno chimico, che minaccia la vita di 73 mila profughi del campo, due aerei cargo, martedì scorso, hanno portato medicinali e vari strumenti igienici.
Dermot Carty, Unicef:
“Sono strumenti di prima necessità di cui si ha estremamente bisogno in molte zone del Paese.
La maggiore difficoltà al momento per noi è l’insicurezza e l’insatbilità, che ci impedisce di raggiungere con facilità alcune aree così come diverse città”.
Dallo scorso 15 dicembre la violenza interetnica ha fatto circa 1000 morti. Circa 78 mila cittadini hanno trovato rifugio in paesi vicini, come l’Uganda. Qui a Adjumani è stato costruito un campo di fortuna.
James Malwak, profugo: “Uccidono indistintamente, non fanno differenza tra uomini, donne e bambini. Uccidono e basta”.
In questo campo profughi ci sono circa 39 mila persone, secondo i dati della Croce Rossa, soprattutto donne,anziani e bambini.
Ayen Deng, profuga sudanese:
“Non c’è acqua, non ci sono posti letto, la situazione non è semplice. Non c’è niente, da quando siamo arrivati, non abbiamo vestiti, niente”.