Nuovo allarme per i rifiuti di plastica che navigano negli oceani: alle Hawaii i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte dei pesci predatori la ingeriscono e ciò potrebbe avere ripercussioni anche sulla salute dell’uomo che li mangia.
L’equipe di ricerca ha analizzato il contenuto dello stomaco di diverse centinaia di pesci nel corso degli ultimi sei anni, scoprendo rifiuti di plastica in sette specie di predatori su dieci. Non tutti, pero’, sono colpiti dal ”fenomeno” allo stesso modo: i ricercatori hanno infatti trovato plastica nel 19% dei pesci catturati. La specie con la maggiore quantità presente nello stomaco è l’Opah, conosciuto anche come pesce luna, mentre altre specie quantitativamente piu’ numerose sono risultate meno esposte. Tra queste anche i tonni.
Nonostante gli effetti dell’ingestione di plastica sulla salute di questi pesci predatori – e poi sugli esseri umani che consumano il pesce – restino ancora incerti, i risultati dello studio non lasciano dubbi sulla gravità del fenomeno: ”i pesci lungo tutta la catena alimentare ingeriscono nel corso della loro vita una qualche forma di inquinamento da plastica”, rilevano i ricercatori americani.
Il problema non e’ pero’ limitato solo all’oceano Pacifico.
Recentemente un rapporto dell’agenzia federale dell’Ambiente tedesca e della Commissione Ue, ha reso noto infatti come tre quarti della spazzatura che si trova in mare sia plastica, tra cui soprattutto teli, buste e cassette per il pesce di polistirolo. Ovviamente dal fenomeno non si salva neanche il Mediterraneo in cui, come riporta lo stesso studio, la quota di rifiuti di plastica presenti supera l’80%. Qualche anno fa Legambiente aveva addirittura lanciato l’allarme per la creazione nel Mare Nostrum, al largo dell’Isola d’Elba, di una vera e propria isola di rifiuti di plastica che non aveva ”nulla da invidiare” alla più nota Pacific Trash Vortex oceanica.
La presenza di rifiuti di plastica in mare non incide solo sullo sfruttamento di pesce come risorsa alimentare per l’uomo. In particolare nel Mediterraneo una ricerca dell’Università di Siena ha fatto notare che micro particelle di plastica – con uno spessore di meno 5 millimetri, derivate dalla degradazione di rifiuti plastici – interferiscono con le capacità riproduttive delle balenottere.
Ed ecco come conclude la rivista Focus:
Tranci avvelenati
Siamo così arrivati all’uomo, in cima alla catena alimentare: da tempo le agenzie per la protezione ambientale avvertono di non esagerare con il consumo di grandi pesci predatori, come il tonno o il pesce spada. E non solo perché così facendo contribuiremmo all’overfishing (un’eccessiva e irrazionale attività di pesca che impoverisce le risorse ittiche dei mari), ma anche perché queste creature, nutrendosi di pesci più piccoli, assumono grandi quantità di inquinanti (tra questi anche il mercurio, molto diffuso nel Mar Mediterraneo).
Fonte: www.lafucina.it