L’escalation delle violenze in Iraq, con il rischio di una guerra civile su larga scala, spinge al rialzo i prezzi del greggio. Il Brent, il petrolio di provenienza europea, supera i 113 dollari al barile, dopo aver toccato i 114,69, il massimo da settembre. Stesso discorso per il WTI, quello di provenienza statunitense, avviatosi per lo scatto settimanale più deciso da dicembre. Gli esperti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, ad ogni modo, hanno in parte rassicurato gli investitori. (Euronews).
Considerazioni: Si parla spesso di rialzo del costo del petrolio, ora come non mai, curiosa la concomitanza con la nuova crisi irachena che nuovamente porta l’amministrazione statunitense (prima Bush, ora 2014, Obama) a valutare “l’ipotesi di un intervento” non si capisce bene se militare o meno, ma in ogni caso atto a contrastare le forze ribelli che stanno ora minacciando l’attuale governo iracheno. Ma cosa sta accadendo realmente? Considerando il fatto che in Ucraina l’odore del gas è davvero tanto e la situazione non è identica all’Iraq ma ci ritroviamo comunque con uno sfondo fatto da forze nazionaliste e ribelli contro l’organizzazione nazionale ed internazionale, questo fa presupporre che l’intervento degli Stati Uniti, sia esso militare ma anche diplomatico e mediatico, non sia causale in territori come l’Iraq.
In Italia, l’aumento delle accise della benzina è incredibilmente aumentato, costringendo persino i benzinai a scioperare addirittura sospendendo in alcuni casi i servizi del self-service. Questo è accaduto a giugno 2014, prima dell’annuncio (mediatico) della crisi irachena. Cosa accadrà adesso? L’unica cosa immaginabile è che il petrolio, quindi la benzina, tra accise del governo e crisi petrolifere, costerà molto di più del solito. Ma dopo tutto a chi il petrolio lo vende questo non interessa anzi….la domanda sta nel mezzo: saremmo così stupidi da essere disposti a spendere ulteriori quattrini per un litro di carburante?
