Arrivi lì dal centro di Ginevra con un pacioso tram e quando scendi e ti guardi intorno, sembra di trovarti in un qualunque angolo della campagna europea, se non ci fosse lì vicino una serie di edifici piuttosto grandi e moderni ma soprattutto, tantissime bandiere, a sventolare una a fianco dell’altra. E a ricordarti che sei arrivato nel luogo dove si alternano ogni anno quasi 10.000 ricercatori da oltre 80 Stati di tutto il mondo. Un posto speciale, questo CERN, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, che da 60 anni ormai catalizza le migliori menti per rispondere alle domande più difficili che possiamo farci: come è nato l’universo? Quali sono i costituenti più elementari della materia? Da dove nascono le leggi che regolano il comportamento della materia e dell’energia che conosciamo? E di cosa è fatta invece quella materia e quell’energia che pervade il cosmo e che siamo ancora costretti a chiamare oscura? E molte, molte altre.
In questi anni sono anche arrivate importanti risposte, l’ultima in ordine di apparizione, quella dell’identificazione del bosone di Higgs. Ma ricerche così estreme non si fanno se non si dispone di strumenti altrettanto eccezionali. E chi lavora al CERN ne ha uno che non ha eguali nel mondo. Bastano tre lettere per presentarlo: LHC, large hadron colider. Il più grande, complesso e potente acceleratore di particelle mai realizzato dall’uomo.
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