Chiediamo aiuto alla Nasa. È una delle ipotesi messe sul piatto da Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, per garantire che la missione ExoMars 2020, quella che dovrebbe scodellare un vero e proprio rover europeo su Marte, abbia una conclusione più felice della sfortunata discesa di Schiaparelli, il lander che si è schiantato nell’ottobre scorso sul suolo marziano.
Ma cos’è che è andato male? Proviamo a capirlo, sulla base delle informazioni disponibili a oggi, quelle illustrate sulla rivista Airpress (https://goo.gl/dLwkY2) dal coordinatore scientifico dell’ASI Enrico Flamini, mettendo a confronto la discesa di Schiaparelli con quella compiuta il 6 agosto 2012 dal rover Curiosity del JPL della Nasa.
Identiche le velocità dei due moduli al momento dell’ingresso nell’atmosfera marziana, circa 21mila km/h. Diverse le masse in gioco, 900 kg Curiosity, fra i 500 e i 600 kg Schiaparelli. Paragonabili i tempi di discesa programmati: 6 minuti e 56 secondi per il rover Nasa, 5 minuti e 53 secondi per il lander Esa.
Cento volte più rarefatta di quella terrestre, l’atmosfera di Marte produce comunque un attrito tale da portare i due moduli a temperature attorno ai 1500 gradi. Ma gli scudi termici di entrambi si comportano come previsto, proteggendo il prezioso carico.
Grazie al rallentamento dovuto all’atmosfera, quando si trovano a 11 km d’altitudine la velocità d’entrambi i moduli è scesa attorno a valori fra i 1700 e i 1500 km/h, sufficientemente bassa per permettere l’avvio di un’altra fase cruciale: l’apertura del paracadute. Operazione che viene compiuta con successo in entrambi i casi.
Con la diminuzione della velocità è ora possibile la separazione dello scudo termico, e quindi l’accensione dei retrorazzi, ai quali spetta il delicatissimo compito di portare il carico a destinazione a passo d’uomo e con l’assetto corretto.
Ed è qui che il lander Schiaparelli, la cui strumentazione scientifica sta già funzionando alla perfezione, incappa nel problema che provocherà lo schianto: a circa 2500 metri di quota, stando alle ultime ipotesi, il computer di bordo – probabilmente a causa d’informazioni contraddittorie fra quelle provenienti dall’altimetro e quelle deducibili dai giroscopi, ingannati magari dalle eccessive oscillazioni indotte dalla turbolenza atmosferica – ritiene che l’atterraggio sia già avvenuto.
E compie la scelta che risulterà fatale: spegne i retrorazzi. Condannando Schiaparelli a una caduta libera che lo porterà a schiantarsi sul suolo marziano a oltre 300 km/h. Lasciando come traccia di sé il piccolo cratere immortalato dalla sonda MRO della Nasa.
Servizio di Marco Malaspina
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