PERCHÉ NERONE INCENDIÒ ROMA?Curiosità in 1 minuto



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Lucio Domizio Enobarbo Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (in latino: Lucius Domitius Ahenobarbus Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus; Antium – attuali città di Anzio e Nettuno[2], 15 dicembre 37 – Roma, 9 giugno 68) è stato un imperatore romano.

Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia succedendo al suo padre adottivo Claudio nell’anno 54 e governò per quasi quattordici anni, fino al suicidio all’età di 30 anni circa.[3] Nerone fu un principe molto controverso; ebbe alcuni innegabili meriti, soprattutto nella prima parte del suo impero, quando governava con la madre Agrippina e con l’aiuto del maestro Seneca, filosofo stoico, ma fu anche responsabile di delitti e atteggiamenti dispotici.

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Accusati sommariamente di congiure contro di lui o crimini vari, caddero vittime della repressione la stessa madre, la prima moglie e lo stesso Seneca, costretto a suicidarsi, oltre a vari esponenti della nobiltà romana, e molti cristiani.[4] Per la sua politica assai favorevole al popolo, di cui conquistò i favori con elargizioni e giochi del circo, e il suo disprezzo per il Senato romano, fu – come era già stato per lo zio Caligola – molto inviso alla classe aristocratica (tra i quali i suoi principali biografi, Svetonio e Tacito).

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L’immagine di tiranno che di lui fu tramandata venne parzialmente rivista dalla maggioranza degli storici moderni, i quali ritengono che non fosse né pazzo – come lo descrissero alcune fonti – né particolarmente crudele per l’epoca, ma che i suoi comportamenti autoritari fossero simili a quelli di altri imperatori non ugualmente giudicati.[5] Negli ultimi anni la paranoia di Nerone si accentuò, ed egli si rinchiuse in sé stesso e nei suoi palazzi dedicandosi all’arte e alla musica[6], in pratica lasciando il governo nelle mani del prefetto del pretorio, il sanguinario Tigellino.[7]

Anche se il suo comportamento ebbe certamente eccessi violenti e stravaganze, si può dire che non tutto ciò che gli venne imputato dagli storici contemporanei sia vero: ad esempio fu accusato del grande incendio di Roma, con l’obiettivo di ricostruire la città ed edificare la propria maestosa residenza, la Domus Aurea, fatto da cui gli studiosi moderni tendono a discolparlo.[8] Nerone accusò dell’incendio i cristiani, che furono arrestati e condannati in massa.[9][10] Infine, qualche anno dopo, abbandonato anche dai pretoriani e dall’esercito, venne deposto dal Senato (che riconobbe il generale Galba come nuovo princeps) e tentò di fuggire, ma alla fine, vistosi perduto, si tolse la vita nei pressi di Roma, nella villa di uno dei suoi liberti.

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