Stupratori di Rimini, l’ultimo arrestato da due donne. La Polonia chiede pena di morte. Capo branco: “non mi pento” – i VIDEO diffusi dalla Polizia di Stato

Avevano stuprato a turno una turista polacca sulla spiaggia a Rimini, picchiando selvaggiamente il compagno della vittima e nella stessa nottata avevano molestato anche un transessuale. Dopo lunghe giornate di ricerca, alla fine sono stati tutti presi: tutti migranti, tutti africani, alcuni minorenni, uno, il più grande, stava tentando di fuggire ma è stato individuato ed arrestato. Al momento ha cercato di negare poi ha ammesso tutto. Nessun sentimento di pentimento o pianto.

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Due le donne della polizia di Stato in borghese che hanno materialmente arrestato il ventenne congolese, in una dimostrazione plastica che un conto è trovarsi in 4 contro una, e tutto un altro vedersela con agenti, uomini e donne addestrati. Ma non sono le sole protagoniste femminili di questa vicenda che si è chiusa, almeno per le indagini, in modo indiscutibilmente positivo: anche il pm della procura dei minori di Bologna, competente per l’inchiesta, è una donna, Silvia Marzocchi. VIDEO:

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Nei giorni precedenti, la Polonia aveva inviato un giudice istruttore e alcuni investigatori, che affiancheranno i colleghi italiani nelle indagini. A inviarlia Rimini è stato il ministro della Giustizia polacco Zibgniew Ziobro, che ha subito aperto un’indagine sull’accaduto. «Quest’azione rapida è dettata dalle circostanze, vogliamo raccogliere in tempi veloci le prove». E il vice ministro, Patryk Jak, non ha fatto giri di parole: «Per le bestie di Rimini dovrebbe esserci la pena di morte – scriveva su Twitter – anche se per questo caso vorrei ripristinare la tortura». 

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Durante le indagini, fondamentale è risultato un video registrato da un impianto di videosorveglianza posto nella zona ove è avvenuto il drammatico stupro:

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Intanto la Polonia rende nota l’intenzione di richiedere l’estradizione dall’Italia dei quattro accusati di violenza sessuale nei confronti di una turista polacca e nell’aggressione del suo compagno (e, nel corso della stessa serata, anche lo stupro di una trans di nazionalità peruviana), avvenuta sulla spiaggia di Miramare di Rimini nella notte fra il 25 e il 26 agosto 2017.  Le autorità polacche hanno aperto una loro inchiesta.

I quattro fermati sono un 20enne richiedente asilo congolese (Guerlin Butungu, l’ultimo a essere arrestato, che così si difende: “Non c’ero, avevo bevuto e mi sono addormentato“), due fratelli marocchini, di 15 e 16 anni, nati in Italia, che hanno negato di aver partecipato allo stupro della turista, e un 17enne nigeriano. I tre minorenni si trovano al carcere minorile bolognese di via del Pratello, l’unico maggiorenne dietro le sbarre a Rimini. Intanto la Procura per i minorenni di Bologna si appresta a chiedere la custodia cautelare in carcere per i tre giovanissimi.

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Le due giovani vittime ancora sotto shock: hanno espressamente chiesto di non fare alcun evento pubblico. “Non vogliono essere riconosciuti.

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Anche il pm della procura dei minori di Bologna, competente per l’inchiesta, è una donna, Silvia Marzocchi. L’unico suo commento ufficiale è sul comportamento dei quattro giovanissimi: «Turpi, brutali e ripetuti atti di violenza», come ha scritto nel decreto di fermo dei tre minorenni, i due fratelli marocchini di 15 e 17 anni e il 16enne nigeriano che ora sono detenuti nel carcere minorile del Pratello, a Bologna. Poi, alla richiesta di un commento sul ruolo delle inquirenti in questa vicenda, si rifiuta di fare dichiarazioni “di genere”: «Non ho granché da dire al riguardo, sono un pm e faccio le indagini, non mi sembra importante che si sia donna o uomo, siamo persone che fanno il proprio lavoro».

Il modo migliore per significare che la parità dei sessi comincia proprio da qui: non c’è nulla di speciale nell’appartenere all’uno o all’altro, purché non si perda di vista l’obiettivo finale. Ma a vedere il sorriso stampato sul volto delle agenti che ieri circondavano Guerlin Butungu, l’impressione era che, oltre alla soddisfazione per un arresto importante, ci fosse la consapevolezza di aver chiuso un cerchio.

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“Siamo tutti fratelli, siamo tutti uguali” affermava in un video diffuso sui social l’accusato di stupro più grande, definito il “capo branco“. Forse nessuno avrebbe mai immaginato la sua reazione quella notte a Rimini. O almeno, questo è quanto accusato nei suoi confronti: le indagini approfondite faranno il resto. VIDEO:

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